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Usa: una democrazia in declino PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Lunedì 23 Giugno 2025 10:28

Usa: un democrazia in declino. Il cammino verso l'autocrazia di quella che fu la democrazia americana.

Chi ha il potere di dichiarare la guerra negli USA?

Negli Stati Uniti, il potere di dichiarare guerra è attribuito al Congresso dalla Costituzione, precisamente all’articolo I, sezione 8, clausola 11. Tuttavia, nella pratica moderna, i presidenti hanno spesso avviato operazioni militari senza una dichiarazione formale di guerra da parte del Congresso, sfruttando autorizzazioni precedenti o i poteri conferiti al comandante in capo (commander-in-chief) dal potere esecutivo.

Per cercare di bilanciare questo potere, nel 1973 il Congresso ha approvato la War Powers Resolution, che impone al presidente di notificare il Congresso entro 48 ore dall’inizio di un’azione militare e di ritirare le tr

La War Powers Resolution, nota anche come War Powers Act del 1973, è una legge federale degli Stati Uniti creata per limitare il potere del presidente di impegnare le forze armate in conflitti senza l’approvazione del Congresso.

Punti chiave:

- Il presidente può inviare truppe all’estero solo in tre casi:

1. Con una dichiarazione di guerra da parte del Congresso.

2. Con un’autorizzazione specifica del Congresso.

3. In caso di emergenza nazionale causata da un attacco agli Stati Uniti, ai suoi territori o alle sue forze armate.

- Il presidente deve notificare il Congresso entro 48 ore dall’inizio delle ostilità.

- Le truppe non possono rimanere in azione per più di 60 giorni, con un’ulteriore finestra di 30 giorni per il ritiro, senza un’autorizzazione formale del Congresso.

La legge fu approvata nonostante il veto del presidente Nixon, come reazione all’eccessivo coinvolgimento presidenziale nella guerra del Vietnam senza un chiaro mandato legislativo. uppe entro 60 giorni se non riceve un’autorizzazione esplicita. Tuttavia, molti presidenti hanno aggirato o ignorato questa risoluzione, sostenendo che limita indebitamente i poteri esecutivi.

Negli ultimi anni, soprattutto in relazione a crisi come quella tra Iran e Israele, si è riacceso il dibattito sulla necessità di rafforzare il ruolo del Congresso. Alcuni senatori, come Tim Kaine, hanno proposto leggi per limitare l’uso unilaterale della forza da parte del presidente, sottolineando che solo il Congresso dovrebbe poter autorizzare un conflitto armato, salvo in caso di autodifesa immediata.

Differenze fra democrazia, dittatura e autocrazia

La differenza tra democrazia e dittatura è profonda e riguarda il modo in cui viene esercitato il potere politico e garantiti i diritti dei cittadini:

- Nella democrazia, il potere è esercitato dal popolo, direttamente o tramite rappresentanti eletti. Le elezioni sono libere, periodiche e pluraliste. Esiste la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), la libertà di stampa, il rispetto dei diritti umani e la possibilità di dissenso politico.

- Nella dittatura, invece, il potere è concentrato in una sola persona o in un gruppo ristretto, spesso salito al potere con la forza o senza il consenso popolare. Non ci sono elezioni libere, l’opposizione è repressa, i media sono controllati e i diritti civili sono limitati o soppressi.

In sintesi: la democrazia si fonda sulla partecipazione e sul rispetto delle regole, mentre la dittatura si basa sul controllo e sull’autoritarismo.

L’autocrazia è una forma di governo in cui tutto il potere è concentrato nelle mani di un solo individuo, chiamato autocrate. Questo tipo di regime non prevede limiti legali o costituzionali al potere del leader, che può prendere decisioni senza consultare altri organi dello Stato o sottoporsi a controlli democratici.

A differenza della democrazia, dove il potere è distribuito e controllato da istituzioni indipendenti, l’autocrazia si basa su un’autorità centralizzata e spesso assoluta. Storicamente, esempi di autocrazie includono l’Impero russo, l’Impero bizantino e alcune monarchie assolute. Oggi, alcuni regimi autoritari moderni sono considerati autocrazie, come la Corea del Nord o, secondo alcuni analisti, la Turchia contemporanea.

Un’autocrazia può anche degenerare in una dittatura, ma non tutte le dittature sono necessariamente autocrazie pure: alcune sono guidate da élite ristrette, come nel caso delle oligarchie.

Gli Usa sono ancora una democrazia?

È una domanda che molti si pongono, anche negli stessi Stati Uniti. Formalmente, gli USA restano una democrazia costituzionale, con elezioni regolari, separazione dei poteri e libertà civili garantite. Tuttavia, diversi analisti e osservatori internazionali segnalano una crescente erosione democratica.

Alcuni segnali preoccupanti includono:

- Restrizioni al diritto di voto in alcuni stati, con leggi che rendono più difficile l’accesso alle urne per alcune fasce della popolazione.

- Influenza sproporzionata di grandi donatori e lobby sul processo politico, che mette in discussione l’uguaglianza del voto.

- Polarizzazione estrema e tentativi di delegittimare i risultati elettorali, come avvenuto dopo le elezioni del 2020.

- Crescente potere degli ultra-ricchi, che secondo alcuni commentatori stanno trasformando la democrazia in una forma di oligarchia economica.

Nonostante ciò, esistono ancora forti contropoteri, come la stampa libera, la magistratura indipendente e una società civile attiva, che continuano a difendere i principi democratici.

In sintesi: gli Stati Uniti sono ancora una democrazia, ma una democrazia sotto pressione.

Negli ultimi anni, il punteggio degli Stati Uniti nel Democracy Index dell’Economist Intelligence Unit ha mostrato un andamento altalenante, ma con una tendenza generale al ribasso:

- 2015: 8,05 – classificati ancora come democrazia piena.

- 2016: 7,98 – retrocessi a democrazia imperfetta, in parte per la crescente sfiducia nelle istituzioni e la polarizzazione politica.

- 2020: 7,92 – anno segnato da tensioni elettorali e proteste sociali.

- 2021: 7,85 – impatto dell’assalto a Capitol Hill e della crisi di fiducia nel processo elettorale.

- 2023: 7,85 – posizione stabile ma ancora sotto la soglia della democrazia piena.

Questo andamento riflette una serie di fattori: polarizzazione crescente, disinformazione, sfide al diritto di voto e tensioni istituzionali. Nonostante ciò, gli Stati Uniti mantengono punteggi alti in libertà civili e pluralismo politico.

L’assalto al Campidoglio un evento da Stato del terzo-mondo.

L’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti è avvenuto il 6 gennaio 2021, quando migliaia di sostenitori dell’allora presidente Donald Trump hanno preso d’assalto il palazzo del Congresso a Washington D.C., mentre era in corso la certificazione ufficiale della vittoria elettorale di Joe Biden.

L’evento è stato preceduto da un comizio in cui Trump ha ribadito, senza prove, che le elezioni del 2020 erano state truccate. Subito dopo, una parte dei manifestanti ha superato le barriere di sicurezza e ha fatto irruzione nell’edificio, costringendo i parlamentari a evacuare. L’assalto ha causato diversi morti, decine di feriti e oltre 50 arresti.

Molti osservatori e media hanno definito l’evento un tentativo di colpo di Stato o un atto di terrorismo interno. In seguito, è stato avviato un secondo procedimento di impeachment contro Trump, accusato di incitamento all’insurrezione.

Le conseguenze dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 sono state profonde sia sul piano politico che giudiziario, e continuano a farsi sentire negli Stati Uniti:

Conseguenze giudiziarie dell’assalto al Campidoglio.

- Il Dipartimento di Giustizia ha definito l’indagine sull’assalto come la più vasta della sua storia.

- Oltre 1.200 persone sono state incriminate per reati che includono: ostruzione di procedura ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di armi, danneggiamento e invasione di edifici federali.

- A fine 2023, 714 persone avevano patteggiato una pena detentiva, mentre 138 erano state condannate dopo processo.

- Alcuni membri dei Proud Boys, gruppo di estrema destra, sono stati condannati per il loro ruolo centrale nell’assalto.

Conseguenze politiche dell’assato al Campidoglio.

- È stato avviato un secondo impeachment contro Donald Trump, accusato di incitamento all’insurrezione.

- Una commissione parlamentare d’inchiesta ha indagato sull’evento, concludendo che Trump e alcuni suoi alleati hanno avuto un ruolo attivo nel fomentare l’assalto.

- L’assalto è diventato un tema centrale nel dibattito politico e nella campagna elettorale del 2024, con opinioni pubbliche molto divise: secondo un sondaggio, il 55% degli americani lo considera un attacco alla democrazia, mentre il 43% pensa che se ne parli troppo.

Chi sono i Proud Boys?

I Proud Boys sono un gruppo di estrema destra fondato negli Stati Uniti nel 2016 da Gavin McInnes. Si definiscono “occidentalisti” e promuovono un’ideologia nazionalista, anti-immigrazione e contraria alla cosiddetta “cultura della correttezza politica”. Nonostante neghino di essere razzisti o fascisti, sono stati più volte accusati di promuovere l’odio razziale e di avere legami con ambienti suprematisti bianchi.

Il gruppo è noto per la sua struttura decentralizzata e per la partecipazione a manifestazioni violente, spesso in contrasto con movimenti come Black Lives Matter e Antifa. Sono stati classificati come “gruppo d’odio” da organizzazioni come il Southern Poverty Law Center e l’Anti-Defamation League.

Il loro coinvolgimento più noto è stato durante l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, per il quale diversi membri sono stati arrestati e condannati. Il leader Enrique Tarrio, pur non essendo fisicamente presente quel giorno, è stato condannato a 22 anni di carcere per cospirazione sediziosa, la pena più severa inflitta per quell’evento.

Enrique Tarrio è un attivista politico statunitense di origine cubana, noto per essere stato il leader del gruppo di estrema destra Proud Boys. Nato a Miami nel 1984, si è autodefinito afrocubano e ha avuto una carriera controversa, segnata da condanne penali e attività politiche radicali.

Tarrio è diventato leader nazionale dei Proud Boys nel 2018.

Nel gennaio 2025, Tarrio è stato graziato dal presidente Donald Trump e rilasciato dal carcere. Dopo la scarcerazione, ha lanciato una piattaforma chiamata ICERAID, che consente agli utenti di segnalare presunti crimini — in particolare legati all’immigrazione — in cambio di ricompense in criptovaluta. Il progetto ha suscitato forti polemiche, con accuse di incitamento alla delazione e alla discriminazione.

 

 
Israele/Iran: un conflitto irragionevole! PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Martedì 17 Giugno 2025 10:21

La situazione attuale tra Israele e Iran è estremamente complessa e coinvolge una serie di fattori geopolitici, storici e militari.

Il conflitto, iniziato il 13 giugno 2025, ha visto un'escalation di attacchi reciproci, con bombardamenti su Teheran e Tel Aviv, oltre a incursioni mirate contro infrastrutture militari e nucleari.

Israele ha colpito il centro di comando iraniano, eliminando il generale Ali Shadmani, figura chiave della strategia militare iraniana.

Può uno Stato Sovrano, come l'Iran, essere bombardato in maniera irragionevole da Israele?

L'Iran ha risposto con un'ondata di missili e droni, colpendo diverse città israeliane, tra cui Herzliya e Tel Aviv.

La popolazione civile in entrambe le nazioni sta vivendo momenti di grande paura e incertezza, con rifugi antiaerei insufficienti e continui bombardamenti.

A livello internazionale, la Cina ha accusato gli Stati Uniti di alimentare il conflitto, criticando le dichiarazioni di Donald Trump che ha invitato i cittadini di Teheran a evacuare immediatamente. Nel frattempo, il governo israeliano ha dichiarato di avere il pieno controllo dei cieli sopra Teheran e ha minacciato ulteriori operazioni militari.

La guerra tra Israele e Iran rappresenta una sfida per la stabilità globale, con il rischio di coinvolgere altre potenze internazionali.

La comunità internazionale sta cercando di mediare per un cessate il fuoco, ma al momento non ci sono segnali concreti di una de-escalation.

Dove vuole spingersi l'Occidente nella sua guerra contro la storia che scorre e che muta e che sta ponendo l'Oriente al centro dell'egemonia mondiale?

L'Occidente si sente davvero rappresentato dal terrorismo Israeliano?

Ultimo aggiornamento Martedì 17 Giugno 2025 10:27
 
Referendum 8-9 giugno: un flop annunciato! PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Venerdì 06 Giugno 2025 12:52

Referendum 2025, flop annunciato: perché gli italiani diserteranno le urne!

 

L’8 e 9 giugno 2025, l’Italia tornerà alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari, ma la risposta sarà un silenzio assordante.

L’affluenza rimarrà ben al di sotto della soglia del 50% più uno, rendendo i referendum abrogativi nulli.

Ma cosa ha spingerà milioni di italiani a restare a casa o a rifiutare le schede?

 

Astensione come strategia politica

Non sarà solo disaffezione. Per molti, l’astensione è una scelta calcolata. I principali partiti di centrodestra – Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – hanno esplicitamente invitato i propri elettori a non votare, puntando a far fallire il quorum. Una mossa che ha trasformato l’astensionismo in un’arma politica.

 

Voto selettivo e protesta silenziosa

Alcuni cittadini si recheranno ai seggi solo per ritirare alcune schede, ignorando le altre. Altri, come la premier Giorgia Meloni, hanno scelto di non ritirarne nessuna. Un gesto simbolico, ma potente, che ha contribuito a svuotare di significato la consultazione.

 

Quesiti divisivi, promotori contestati

I referendum, promossi da CGIL e Più Europa, toccano temi sensibili: lavoro, appalti, contratti a termine e cittadinanza per stranieri. Ma non tutti hanno condiviso l’impostazione dei quesiti. Per molti, non partecipare è un modo per non legittimare una battaglia politica percepita come parziale.

 

Disillusione e sfiducia

Dietro l’astensionismo si nasconde anche una frattura più profonda: quella tra cittadini e istituzioni. In tanti non credono più nell’efficacia del referendum come strumento di cambiamento. Un sentimento di impotenza che si traduce in apatia elettorale.

 

Una campagna tra tensioni e provocazioni

La campagna referendaria è stata segnata da toni accesi e provocazioni estreme. Un post virale con un cecchino puntato su chi andava a votare ha sollevato un’ondata di indignazione, contribuendo a un clima di tensione che ha disincentivato la partecipazione.

Ultimo aggiornamento Venerdì 06 Giugno 2025 12:59
 
TRUMP e MUSK ai ferri corti! Cosa è successo? PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Venerdì 06 Giugno 2025 09:34

La relazione tra Donald Trump ed Elon Musk è esplosa in una vera e propria faida pubblica nel giugno 2025, dopo anni di collaborazione e apparente alleanza. Ecco cosa è successo:

 

1. Rottura pubblica e insulti reciproci

- Trump e Musk si sono scambiati insulti e minacce sulle rispettive piattaforme social (Truth Social e X).

- Tutto è iniziato con la critica di Musk al disegno di legge di Trump, definito “big, beautiful bill”, che Musk ha attaccato pubblicamente.

 

2. Trump minaccia i contratti federali di Musk

- Trump ha minacciato di revocare miliardi di dollari in contratti governativi alle aziende di Musk (come SpaceX e Tesla), accusandolo di slealtà.

- Ha anche dichiarato di aver rimosso Musk dal ruolo di capo del Dipartimento per l’Efficienza Governativa (DOGE), dicendo che “stava diventando insopportabile”.

 

3. Musk risponde con accuse gravi

- Musk ha risposto affermando che senza il suo supporto finanziario, Trump non avrebbe vinto le elezioni del 2024.

- Ha anche accusato Trump di essere menzionato nei file di Jeffrey Epstein, insinuando che questo sia il motivo per cui quei documenti non sono ancora stati resi pubblici.

 

4. Musk chiede l’impeachment di Trump

- In un post su X, Musk ha appoggiato pubblicamente l’impeachment di Trump, suggerendo che il senatore JD Vance dovrebbe sostituirlo.

 

Questa rottura sta avendo un impatto significativo sia sul piano politico che economico, con potenziali ripercussioni sui contratti spaziali, sull’industria automobilistica e sull’uso dell’IA nel governo USA.

Ultimo aggiornamento Venerdì 06 Giugno 2025 09:40
 
Escalation Russia/Ucraina - Pace più lontana? PDF Stampa E-mail
Scritto da Telodicevoio!   
Venerdì 06 Giugno 2025 09:25

Escalation Russia Ucraina - Giugno 2025

 

1. Attacchi ucraini su basi aeree russe

Il 1° giugno, l'Ucraina ha lanciato un attacco massiccio con droni contro basi aeree militari russe, colpendo bombardieri pesanti situati in Siberia e nell'Artico, a migliaia di chilometri dal confine ucraino. L'operazione, soprannominata "Operation Trojan Trucks", ha utilizzato droni nascosti in camion per colpire 41 aerei da guerra.

 

2. Risposta russa

In risposta, la Russia ha intensificato i bombardamenti su Kherson utilizzando bombe plananti, mentre il vice ministro degli Esteri russo ha affermato che gli aerei danneggiati saranno riparati.

 

3. Rischio di escalation

Keith Kellogg, inviato speciale del presidente Trump, ha avvertito che l'attacco ucraino rappresenta un'escalation significativa e potrebbe innescare una risposta più dura da parte di Mosca.

 

4. Tentativi di pace

Nonostante l'escalation, Russia e Ucraina hanno tenuto colloqui di pace a Istanbul. Tuttavia, le trattative sono state difficili: la Russia ha presentato richieste considerate inaccettabili da Kyiv, tra cui il riconoscimento dell'annessione di Crimea e di altre regioni occupate. L'unico risultato concreto è stato un accordo per ampliare gli scambi di prigionieri.

 

La pace è più lontana?

 
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