Donne boss e donne vittime: il ruolo svolto dalle donne all’interno dei clan camorristici
Le donne di camorra hanno scritto pagine importanti della storia della malavita organizzata
napoletana: molte volte sono state più spietate degli omologhi maschili, altre invece sono state vere e
proprie "vittime" del sistema camorrista.
Genesi della camorra
Non c'è accordo tra gli studiosi sull'etimologia del termine "camorra". Tuttavia la tesi più
accreditata sostiene che "camorra" derivi dalla voce mediterranea "morra", intesa come
"confusione", "rissa", "gioco" molto popolare a Napoli. La Camorra è l'organizzazione
mafiosa nata in Campania, in particolare a Napoli. A differenza delle altre mafie italiane, essa
trae le sue origini nel contesto urbano, tra gli strati popolari della popolazione. La mafia
campana ha una struttura pulviscolare composta di gruppi differenti i quali nascono o per lo
sviluppo di gruppi criminali minori o per scissioni che intervengono in clan preesistenti. Le
aggregazioni, le scissioni e le ri-aggregazioni di gruppi criminali sono particolarmente
frequenti. Nella mondo della Camorra, a differenza di Cosa Nostra e della 'Ndrangheta, non
esiste una struttura gerarchica superiore in grado di mediare e di ridurre o impedire la
conflittualità tra i diversi gruppi delinquenziali. Questa è una delle ragioni per la quale il
tasso di conflittualità tra gruppi camorristici è particolarmente elevato. Le principali attività
della camorra sono il traffico di droga, il racket, la contraffazione e il riciclaggio di denaro.
Inoltre, non è insolito che i clan della Camorra si infiltrino nella politica delle loro rispettive
aree. Secondo il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, durante un discorso del 2019 della
Commissione parlamentare antimafia, le forze di polizia sono concentrate sui due principali
cartelli cittadini, il clan Mazzarella e l'Alleanza di Secondigliano. Quest'ultima è un'alleanza
dei clan Licciardi, Contini e Mallardo.
La situazione corrente
Grande risalto ha avuto negli anni 2004 e 2005 la cosiddetta faida di Scampia, una guerra
scoppiata all'interno del clan Di Lauro quando alcuni affiliati decisero di mettersi in proprio
nella gestione degli stupefacenti, rivendicando così una propria autonomia e negando di fatto
gli introiti al clan Di Lauro, del boss Paolo Di Lauro, detto Ciruzzo 'o Milionario. Ma questa
faida non è l'unica contesa tra clan sul territorio napoletano. Numerose sono le frizioni e gli
scontri tra le decine di gruppi che si contendono le aree di maggiore interesse. A cavallo tra il
2005 e il 2006 ha destato scalpore nella cittadinanza e tra le forze dell'ordine la cosiddetta
"faida della Sanità", una guerra di camorra scoppiata tra lo storico clan Misso del rione
Sanità e alcuni scissionisti capeggiati dal boss Salvatore Torino, vicino ai clan di
Secondigliano; una quindicina di morti e diversi feriti nel giro di due mesi. Forme di camorra
locale radicate sul territorio, sono presenti anche nella città di Salerno, principalmente nel
quartiere Mariconda, dove è presente lo spaccio di sostanze stupefacenti e nella omonima
provincia, specialmente nell'Agro nocerino sarnese (zona già teatro, nel corso degli anni '80,
di numerosi regolamenti di conti consequenziali alla faida tra Nuova Camorra Organizzata e
Nuova Famiglia e dove sono presenti vari clan camorristici), a Cava de' Tirreni, nella Valle
dell'Irno e nella Piana del Sele; in provincia di Avellino, dove agiscono piccoli gruppi dalle
contenute dimensioni e sono egemoni i clan Cava e Graziano di Quindici, per molto tempo
coinvolti in una cruenta faida che ha generato numerose vittime nell'area del Vallo di Lauro;
e nella provincia di Benevento, dove imperversano il clan Pagnozzi (presente anche in
provincia di Avellino, specialmente in Valle Caudina), rispetto al quale sono subalterni
piccoli gruppi minori, e il clan Sparandeo di Benevento, considerati egemoni nel Sannio.
Le donne di camorra
Le donne sono presenti da sempre nelle maglie delle organizzazioni criminali. Ciò è
particolarmente vero nel caso della camorra napoletana. Tuttavia, solo nell'ultimo ventennio
esse hanno acquisito una indubbia visibilità, rivelando un universo estremamente fluido e
diversificato. «Capesse», vedette, usuraie, trafficanti di droga e anche componenti di
gruppi di fuoco, spietate assassine, abili imprenditrici dell'illecito sono soltanto alcune delle
figure in cui si possono tradurre mogli, madri, sorelle e amanti di boss e gregari dei clan. Poi
ci sono le donne sfruttate dai clan e usate, per esempio, per trasportare droga, così come ci
sono quelle che si ribellano alla violenza e all'omertà che regolano i complessi equilibri delle
famiglie criminali. Né bisogna trascurare le donne vittime della camorra; inoltre, stanno
emergendo le prime collaboratrici di giustizia, infrangendo lo stereotipo diffuso che le donne
di camorra «non parlano». Insomma, gli indizi, le suggestioni ma anche le prime riflessioni
maturate negli studi recenti vanno nella stessa direzione: l'universo femminile della camorra
emerge con sempre maggiore evidenza e può produrre configurazioni diverse non solo nel
tempo, ma anche nello spazio a secondo se prende corpo nel centro della città o in periferia.
Antonella Madonna, è stata la prima donna di camorra a pentirsi. Aveva ventisei anni e
due figlie quando, in nome del marito, “comandava” ad Ercolano. Antonella, si racconta, era
molto di più di una moglie: era la sua confidente, custodiva i suoi segreti. Conosceva nel
dettaglio i suoi traffici, condivideva con lui le scelte tattiche, aveva chiaro il bilancio del
gruppo. Fu scontato che quando suo marito Natale Dantese fu arrestato, nel marzo del
2010, lo scettro passasse a lei. Due giorni dopo l’arresto del marito si presentò in una
concessionaria di via Benedetto Cozzolino e ritirò la macchina che Dantese aveva ordinato
prima di finire in carcere. “Adesso ci sono io”, disse. Con quel gesto iniziò la scalata ai
massimi vertici dell’organizzazione criminale del “Canalone”. In carcere, quando si recava
dal marito, prendeva ogni indicazione per poter portare avanti il suo compito così da non
perdere un colpo. Incaricò, sempre in voce del marito, tutte le spedizioni punitive, le
rappresaglie che si decidevano contro chi non si piegava alle logiche della camorra. Si disse
che “la sua fu una gestione perfetta, tale da evitare che l’impero del male dal marito
giungesse al declino”. Un contesto ideale per proseguire il potere fino a quando non iniziò a
desiderare un nuovo un uomo accanto a sé. Nel 2011, Dantese fu dichiarato “capo e
promotore” del sodalizio, un boss giovane ma carismatico, capace di far trapelare dal carcere
quelle notizie che i suoi uomini aspettavano: il ministero ne dispose il trasferimento al 41bis
perché le sbarre per lui non erano un ostacolo a delinquere. Fu quell’isolamento a “spingere”
Antonella nelle mani di un altro uomo. Potere e libertà surono tali da “favorire” il
tradimento. Di sera inventava scuse per fuggire da Ercolano a Terzigno dove raggiungeva un
hotel a ore diventato il suo nido d’amore che credeva al sicuro per sé e per il suo amante. I
fratelli di Dantese la tennero d’occhio e così, sulla scia dei suoi spostamenti, documentarono
il suo tradimento. La coppia su sorpresa a letto: ci fu un pestaggio. Antonella fu riportata ad
Ercolano: suo marito, in prigione, il mese successivo ricevette la visita di sua madre, la quale
lo informò che la moglie lo aveva “disonorato”. Ma Dantese conosceva bene la madre delle
sue figlie, conscio che fosse un pericolo per lui e per il clan, ordinò ai suoi fratelli di non
infierire, di lasciarla perdere, di non provocarla. La macchina della vendetta però si era già
messa in moto. Antonella fu umiliata, terrorizzata, privata delle sue figlie che furono portate
contro la sua volontà a casa della suocera. Per questo, probabilmente, decise per l’unica
strada che le restava e fece ciò che il marito temeva: si pentì. Da qual pentimento è stata
testimone in tre processi ed è stata minacciata di morte in due occasioni. Ma dai clan di
Ercolano sono arrivati altri pentiti: tutti contro di lei per un un tentativo di vendetta
acclarato, un vero e proprio accanimento utile e contrastare ciò che lei diceva ai magistrati.
In una delle udienze in cui è comparsa collegata in videoconferenza da una località protetta
dove vive con le figlie, è emerso che alcuni degli Ascione avevano scoperto il luogo in cui si
nascondeva ed erano pronti a fargliela pagare.
Un "impero" al femminile
In molte occasioni, le donne appartenenti alla camorra si sono rivelate più capaci e spietate
dei loro omologhi al maschile, riuscendo a reggere le redini del clan per molti anni, tenere a
bada i rivali e mantenere il potere a furia di estorsioni ed omicidi. Assunta Maresca, nata
nel 1935, viene notata da Pasquale Simonetti, detto Pascalone ‘e Nola, camorrista che
gestisce il mercato ortofrutticolo insieme ad Antonio Esposito, detto Totonno ‘e Pomigliano.
I due si sposano nel 1955 e dopo pochi mesi “Pupetta” rimane vedova: Simonetti viene ucciso
da un sicario. E lei, incinta di otto mesi, si vendica uccidendo Esposito, ritenuto il mandante.
Pupetta Maresca viene arrestata e rinchiusa nel carcere di Poggioreale, che all'epoca non è
solo maschile. Scarcerata dopo 10 anni, si lega ad Umberto Ammaturo, che negli anni '80
diventa uno dei principali narcotrafficanti dell'epoca; nel 1974 il figlio di lei, che si chiama
Pasquale come il padre e che ha ormai 18 anni, sparisce nel nulla: si pensò che fosse stato
ucciso per ordine di Ammaturo, anche se le successive indagini non lo dimostreranno mai.
Anna Terracciano, la “Masculona”, è la sorella di Salvatore ‘o Nirone, boss della zona delle
Chianche dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Viene arrestata nel 2006 insieme a gran parte
della famiglia: braccio destro del fratello, bastava il suo nome nella zona a ridosso di piazza
Carità per incutere rispetto dettato dalla paura. Torna in libertà nel novembre 2017 e un
mese dopo viene arrestata di nuovo: l'accusa è di avere imposto a un commerciante di
licenziare tre dipendenti per assumere tre persone da lei segnalate. Cristina Pinto, negli
ambienti della malavita, la conoscevano col nomignolo di Nikita. Come la spietata sicaria
del film di Luc Besson, ma nella realtà: era una assassina al soldo dei clan del Rione Traiano.
Prima guardaspalle e poi compagna del boss Mario Perrella, è stata uno dei soldati nella
guerra contro i rivali del clan Puccinelli. Prende preso il comando del clan dopo l'arresto di
Perrella, la arrestano nel 1992. Lascia il carcere dopo 22 anni e prende le distanze da quel
mondo criminale. Non collaboratrice di giustizia, ma “dissociata”. Nel gennaio 2018 rimedia
una denuncia per una rissa tra sei persone, a cui aveva partecipato nonostante avesse una
gamba ingessata e le stampelle.
Martedì 25 Maggio, mamma coraggio uccisa a Napoli
Accusato di omicidio, prende la parola in aula, attacca i collaboratori di giustizia e minaccia il
pubblico ministero: "Se fossi Galasso o Alfieri[...]". È successo recentemente a Torre
Annunziata nella giornata di martedì 25 maggio, durante un delicato processo che vede
Francesco Tamarisco come imputato dell’omicidio di Matilde Sorrentino, madre coraggio
che denunciò i pedofili del rione Poverelli di Torre Annunziata come riportato dall’edizione
odierna del quotidiano Il Mattino. Francesco Tamarisco fu coinvolto anche nella vicenda dei
pedofili della scuola degli orrori del suo rione. Dopo la condanna in primo grado, arrivò
l’assoluzione in appello. Nel corso della testimonianza del pentito Aldo Del Lavale,
Tamarisco ha preso la parola dalla saletta del carcere da cui era collegato in videoconferenza.
Ha atteso qualche minuto dopo l’ammonimento della corte e poi ha rilasciato delle
dichiarazioni spontanee (non concordate con gli avvocati) relative per la maggior parte a
vicende che nulla hanno a che fare con il processo. Poi la minaccia al pubblico ministero. “Se
fossero imputati Pasquale Galasso o Carmine Alfieri qua ha detto Tamarisco allora sarebbe
diverso. Gliela facevo levare da dosso quella toga. Ma dato che io non sono Pasquale Galasso
né Carminuccio Alfieri, il dottor Filippelli fa ancora il Pubblico Ministero” ha detto
Tamarisco la cui frase, anche secondo i giudici della Corte d’Assise di Napoli, ha un chiaro
contenuto intimidatorio.
Riflessioni sulle donne impiegate nella camorra
Per capire il ruolo delle donne nella camorra basta leggere uno degli spunti tratti dal libro
Gomorra di Roberto Saviano: "...appena il padre scoppia a piangere tutte le donne della
famiglia iniziano ad urlare. Appena il capofamiglia smette tutte le donne riprendono il
silenzio." La camorra è un "sistema" inventato dagli uomini, un gioco tra maschi. Un gioco
nel quale le donne sono pegno, chiuse in casa, vittime e mute aguzzine. Sempre più spesso
però incluse e scaraventate in prima linea e allora anche più feroci degli uomini. Sostegni
silenziosi della continuità di quell'orrore, di padre in figlio, di marito in fratello, testimoni del
sangue, addestratrici di altre donne, vittime e aguzzine come loro. Sempre più spesso
sentiamo parlare di donne boss. Una situazione quasi inimmaginabile: una donna che esce
da casa con un coltello, che rapina. Donne che fanno sempre di più cose che una volta erano
prerogativa degli uomini. Spacciano droga, accoltellano, fanno le guappe e le dure ma sono
loro le vere vittime. Eppure fino a poco tempo fa nell'Italia del sud la situazione delle donne
era diversa. Non insorgevano contro gli uomini ma erano soltanto delle complici mute. Pur
sembrando esseri minori la forza femminile stava diventando protagonista. Quando gli
uomini venivano assassinati le donne, finalmente libere, personificavano l'indipendenza. Un
tempo vi erano delle regole non scritte che però tutti rispettavano: una era quella che
asseriva che la mafia (intesa come organizzazione criminale e quindi anche la camorra) era
una organizzazione patriarcale; l'altra che donne e bambini non dovevano essere uccisi.
Sembrerebbe che il boss Raffaele Cutolo andasse in giro con la moglie ed i figli proprio per
proteggersi. Ma i tempi sono cambiati ed anche le donne ed i bambini adesso vengono uccisi.
Le donne sono entrate nel mondo criminale e sono alla pari dell'uomo. Esistono diverse
categorie di donne: quelle che vivono nel lusso e nella brutalità; quelle che vogliono lottare
contro la camorra ed infine quelle che sono vittime della camorra per tutta la vita.
Marika Cangiano |