Poggioreale: un inedito Saviano "buonista" parla di dignità dei detenuti. Ma con quale coraggio? Stampa
Lunedì 16 Novembre 2015 06:06

 

 

 

Poggioreale: la faccia tosta di Roberto Saviano sulla dignità dei detenuti.

Una vera e propria conversione “buonista” sulla via di Damasco

Leggere Saviano, l’accusatore di tutto e di tutti, di dignità dei detenuti è cosa veramente strana.

Lui che qualche anno fa avrebbe molto volentieri fatto a meno del diritto alla difesa degli imputati, oggi parla di dignità delle persone dietro le sbarre? Con quale faccia, con quale coraggio?

E’ veramente un discorso fuori dal suo registro quello che Roberto Saviano ha fatto il 15 novembre 2015 dalle colonne de “La Repubblica” trovandosi a commentare delle immagini del fotoreporter Bispuri sul carcere di Poggioreale.

Le poche annotazioni che Saviano ha fatto a queste immagini, che tanto per dirlo per inciso non rappresentano in alcun modo la reale realtà di Poggioreale, ma solo un’artefatta realtà del più grande istituto di pena italiano, che troppo spesso si trova al centro di problematiche inchieste giornalistiche dovute soprattutto all’endemico sovraffollamento da cui è afflitto a causa di un sistema penale che sembra divertirsi a mandare in carcere troppi “delinquenti” da quattro soldi di cui Napoli ed il suo hinterland è altrettanto sovrappopolata.

Sono artefatte le foto di Bispuri ed ancora più oscenamente buonista è il discorso fatto da Saviano. E’ osceno Saviano in questo suo articolo, non per quello che dice, ma perché è contraddittorio con se stesso e con ciò che egli rappresenta oramai nell’immaginario collettivo.

Saviano in questo suo articolo dice bene delle cose ma non ha alcuna credibilità per dirle. Un uomo come lui che ha sempre e solo ascoltato la campana della pubblica accusa, ora parla di dignità dei detenuti? Ma a cosa è dovuto questo voltafaccia a se stesso?

Poggioreale ha mille e mille problemi, mille e mille brutture e distorsioni da cancellare e da correggere ma certamente non sono quelle trattate dalle immagini di Bispuri e non sono neppure quelle raccontate dall’alter ego di Saviano che in questo 15 novembre 2015 è saltato fuori dal cilindro de “La Repubblica”.

Poggioreale è un Istituto datato, ma non basta tirar giù qualche parete, ritinteggiare, piastrellare e mettere qualche nuovo wc al posto di una turca per pensare di aver risolto i problemi e di aver restituito la dignità alle persone che in quelle mura trascorrono il loro tempo.

La dignità è altro! Potrebbe essere indegna anche una cella identica alla migliore suite del Grand Hotel Vesuvio che utilizzò Bill Clinton durante il G7 di Napoli, se il contorno resta identico, se in quella cella continui a starci 22, 20 o anche 18 ore al giorno, se non puoi svolgere nessuna attività ricreativa o sportiva se non con cadenza sporadica, se non puoi socializzare, se non vieni rieducato al rientro in società, se lo Stato che ti punisce non è in grado di garantirti un sostegno nel momento in cui rientri in libertà, più povero di prima e purtroppo troppe volte anche più incattivito di prima, perché chi avrebbe dovuto provvedere alla tua rieducazione magari era completamente privo di qualsiasi volontà e capacità di svolgere questo ruolo fondamentale per la società esterna.

La dignità è altro caro Roberto Saviano ed è un concetto troppo troppo grande per essere compreso da chi scrive tanto per scrivere, tanto per guadagnarsi il gettone di presenza, senza conoscere in fondo il problema, senza aver mai visto in faccia e parlato con un detenuto magari stringendogli la mano per far sentire di essere li per lui e con lui.

La dignità è un concetto che è nella mente ma non è della mente e come l’Essere di Antonio Rosmini.

Ridurlo a quattro mura con un po’ di vernice fresca, a servizi igienici più decorosi, a cucinini più sistemati è vergognosamente materialista, ma di quel materialismo spicciolo da borgata di periferia, enunciato da chi non sa e non vede, ma finge di sapere e di vedere. E’ come togliere bassolinianamente il parcheggio da Piazza Plebiscito: pura e semplice operazione di facciata.

Come ho scritto solo due mesi fa in “Il peso della fiducia – umanizzazione, dignità, empatia – termini e agiti del trattamento penitenziario” La società esterna deve comprendere, che Poggioreale non può continuare ad essere la sua dimenticata discarica sociale, dove stipare ogni male e ogni problema, anzi deve diventare un luogo da cui far partire il riscatto di questa martoriata città, troppo spesso costretta ad arrossarsi del sangue versato inutilmente dai suoi figli”.

Vedi Roberto ciò che tu oggi dici, superficialmente, in un articolo di commento a foto che fanno dell’artefatto la loro ragion d’essere e che per tale motivo rappresentano anch’esse un falso documento, c’è chi lo dice a ragione veduta perché in quel carcere ci lavora, ci vive e combatte per cambiare sul serio le cose, assumendosene tutti i rischi. Perché quando tu vuoi cambiare e tutti gli altri, invece, vogliono restare fermi alle loro posizioni, di rischi ne corri e non pochi.

Nel mio breve saggio ho dato degli input, che non posso fare a meno di notare che sono stati tutti dal tuo alter ego buonista utilizzati.

Insomma anche il tuo alter ego copia e incolla così come è stato recentemente dimostrato che fai tu.

Poggioreale pur nelle sue brutture estetiche e dimensionali ha un cuore, un cuore grande composto dai tanti e tanti operatori e da tanti e tanti detenuti che lavorano tutti i giorni fianco a fianco.

Risolvere tanti problemi è possibile, anche una società con davvero poco carcere sarebbe possibile, ma non in un ottica di depenalizzazione indiscriminata, ma in un ottica di decarcerazione produttiva di miglioramenti sia per la società esterna e sia per i detenuti, molti dei quali, coinvolti in fatti di reato di non grave allarme sociale, potrebbero svolgere attività socialmente utili. Salvare un giardino pubblico dall’incuria, tappare buche nel manto stradale, persino vigilare sul proprio quartiere in stretta collaborazione con le forze dell’ordine potrebbe essere molto più utile per la società e più rieducativo per i detenuti coinvolti in tali prospettate attività.

Durante l’EXPO di Milano molti detenuti sono stati impiegati nello staff dell’esposizione, hanno lavorato la dentro, hanno svolto un ottimo lavoro e sono certamente orgogliosi di quello che hanno fatto.

Conosco perché ci lavoro i detenuti del Reparto Italia, forse uno con le stanze di pernottamento più vecchie a livello estetico, ma dotato di un vera e grande sala di socialità e di una scuola molto più accogliente delle altre che si trovano a Poggioreale e tra l’altro gestita da una delle insegnanti più emotivamente impegnata nel lavoro che svolge pur tra mille difficoltà. Il reparto Italia da certamente più possibilità ai detenuti, in quanto in tale reparto i detenuti lavorano e quindi in quelle stanze ci stanno poche ore al giorno giusto per dormire e per mangiare, tutto il resto della giornata lo passano fuori. Ci sono idraulici, elettricisti, falegnami, muratori tutte persone che anche fuori con il loro lavoro potrebbero vivere tranquillamente, se magari avessero avuto la fortuna di non nascere a Gomorra la città descritta dal Saviano del male, quello che la dignità l’ha tolta e continua a toglierla tutti i giorni a Napoli ed alla Campania intera.

 

 

Ultimo aggiornamento Domenica 26 Febbraio 2017 05:45