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Casalesi. Allarme bomba al Tribunale di S. Maria C.V. PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Venerdì 29 Ottobre 2010 08:20

Dopo che ieri 28 ottobre 2010 il Ministro dell'Interno Maroni aveva avuto il coraggio di venire a testimoniare contro il clan dei casalesi definendoli dei terroristi in guerra contro lo Stato.

Oggi non si è fatta attendere la risposta del clan dei casalesi.

E' ancora in atto un allarme bomba presso il Tribunale penale di S. Maria C.V. dove sono stati fatti uscire tutti i dipendenti alle ore 9:40 circa.

 

Anche oggi si celebravano processi contro il clan.

Lo Stato deve intervenire con tutte le sue forze per debbellarci definitivamente dalla camorra, toccando tutti i suoi nervi politici, economici e di mera manovalanza criminale.

 

Stop Camorra in prima linea sempre contro la camorra!

 

 

***************

aggiornamento alle ore 11:30 circa tutti i dipendenti del Tribunale sono stati fatti rientrare e le attività giudiziarie sono riprese regolarmente, un grazie a tutti gli uomini dello Stato, che hanno prontemente bonificato la zona!

 La camorra sarà estirpata!

Ultimo aggiornamento Venerdì 29 Ottobre 2010 10:55
 
Saviano sfugge al confronto con il presidente del Centro Umberto Santino su Peppino Impastato PDF Stampa E-mail


Era già accaduto in occasione della pubblicazione sul quotidiano la Repubblica di una lettera del presidente del Centro Umberto Santino in cui si smentiva, date alla mano, l'affermazione contenuta nel volume La parola contro la camorra secondo cui il film I cento passi aveva "riaperto il processo" ai responsabili dell'assassinio di Peppino Impastato. La lettera, inviata il 25 marzo, è stata pubblicata, con un  vistoso taglio, il 3 aprile 2010 e il redattore del quotidiano, per giustificare il ritardo, a un nostro sollecito ci ha informato che avevano chiesto a Saviano di replicare, cosa che non ha fatto.
Ora, dopo la lettera di diffida all'editore Einaudi inviata il 4 ottobre, in cui si chiede la rettifica all'affermazione non veritiera contenuta nel libro, dobbiamo registrare il silenzio stampa di gran parte dei giornali, ad eccezione del Corriere della sera, di Liberazione, della Sicilia e di alcuni blog, il reiterato rifiuto di Saviano a confrontarsi, chiestogli, tra gli altri, da Radio Città aperta che ha mandato in onda un'intervista a Umberto Santino.
La ragione di tale rifiuto è evidente: è una fuga dalla verità, che dimostra quanto il giovane Saviano tiene a quella affemazione non veritiera, che a suo avviso sarebbe la prova più significativa dalla potenza della parola, considerata come una sorta di Logos neoplatonico e di Verbo del vangelo di Giovanni.
Non possiamo che prendere atto del silenzio della stampa italiana, anche di quella democratica e di sinistra, che ha creato o avallato il mito di Saviano, e delIa scarsa considerazione per la verità dei fatti del giovane scrittore ormai assurto a personaggio mediatico internazionale e predicatore televisivo.
Abbiamo espresso solidarietà al giovane scrittore per le minacce ricevute ma già prima del successo avevamo rilevato che Gomorra è un romanzo che confonde fiction e realtà, molto meno utile per la comprensione della camorra di altri testi più documentati e attendibili. Avevamo anche fatto notare che nel volume La bellezza e l'inferno si parla di una telefonata della madre di Peppino allo scrittore, che, da quello che ci dice Felicia, la cognata di Peppino, non risulta essere stata effettuata. Nello stesso testo si parlava del funerale della madre di Peppino in termini inesatti (c'erano "molti ragazzi", non c'era il sindaco ecc.). Al funerale hanno partecipato centinaia di persone, purtroppo poche di Cinisi, non solo "ragazzi", c'erano magistrati, giornalisti, protagonisti del movimento antimafia degli ultimmi decenni, il sindaco c'era e aveva proclamato, su nostra richiesta, il lutto cittadino, e il saluto laico è stato tenuto dal presidente del Centro Umberto Santino.
Anche questo, assieme a varie imprecisioni, rilevate da più d'uno, che costellano Gomorra, dimostra la superficialità di Saviano e il pochissimo conto in cui tiene l'informazione e la documentazione. Tanto, bisogna credergli sulla Parola!
                                                                                                                    
                                                                                                                    Centro Impastato

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Petizione inviata alla Camera dei Deputati per il riordino della normativa sulla gestione dei beni confiscati a tutte le mafie PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Lunedì 25 Ottobre 2010 16:04

Al Presidente della Camera dei deputati
Palazzo Montecitorio

00186 - Roma

 

 

Oggetto: Petizione alla Camera dei deputati in materia di riordino della gestione dei beni confiscati a tutte le mafie

 

Il sottoscritto Luigi Cangiano, cittadino italiano nato a Carinaro (CE) il 19/12/1975, dottore in scienze politiche, fondatore nel 1999 del Movimento per la Vera e Nuova Politica e nel 2008 del Movimento Politico “Stop Camorra”, residente in Carinaro (CE), alla via G. D’Annunzio n. 68 ai sensi dell’art.50 della Costituzione italiana, in base al quale “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità” invia la presente petizione:

in qualità di cittadino italiano auspico la presentazione e la conseguente eventuale approvazione di un progetto di legge finalizzato alla gestione nazionale dei beni confiscati a tutte le mafie, che superi in maniera integrale, l’attuale gestione lasciata per la gran parte nelle mani di associazioni, comitati e/o cooperative sociali troppo spesso politicamente schierate e che faccia si che tali beni siano utilizzati esclusivamente  per finalità di ordine pubblico o comunque per pubblica utilità (uffici comunali, scuole pubbliche, ludoteche pubbliche, alloggi pubblici da assegnare a famiglie bisognose, ecc.) e per quanto riguarda i terreni gli stessi possano essere utilizzati per la costruzione di edifici pubblici o di edilizia residenziale pubblica o qualora, questi ultimi non siano necessari nella comunità, gli stessi possano essere frazionati e distribuiti, in comodato d’uso fra le famiglie di cittadini bisognosi, che possano in tal modo trovarne sostentamento.

Contemporaneamente dovrebbe porsi in essere una norma che ponga fine alle diverse gestioni finora avvenute dei beni confiscati, che debbono tornare nella piena disponibilità dello Stato, perché finora la loro gestione non ha sortito, se non in rari ed eccezionali casi, alcun effetto benefico per la comunità,  mentre pressoché nella maggioranza dei casi si è avuta un’utilizzazione politicizzata e monopolizzata dei beni messi a disposizione.

In alcuni casi si è dovuto addirittura assistere all’arresto ed a connivenze con mafiosi di responsabili di importanti associazioni antimafia assegnatarie di beni confiscati.

Si rende necessaria una efficace normativa sulla materia in quanto sono sempre più ingenti i beni che vengono sequestrati e confiscati a tutte le mafie ed è quindi necessario rendere trasparente, non politicizzata e non monopolizzata la loro utilizzazione. La reiterazione della gestione politicizzata di tale ingenti risorse economiche rende non uguali le forze politiche in campo che non si trovano così nello stesso punto di partenza.

E’ inconcepibile che oggi ci possa essere una sola associazione in Italia che grazie alle sue innumerevoli ramificazioni, dalla relazione del commissario straordinario del governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, sappiamo che essa coordina circa 1200 associazioni minori, monopolizzi praticamente tutta la gestione di tali beni per centinaia di milioni di euro ed in molte circostanze tali beni vengano utilizzati con metodo politico, dando funzioni rilevanti a persone collegate direttamente od indirettamente con partiti politici, particolarmente dell’area di sinistra.

E’ ancora più importante segnalare il fatto che ci si trova di fronte ad un monopolio anche di quasi tutte le risorse pubbliche destinate al sostegno dell’associazionismo impegnato nella lotta contro tutti i fenomeni mafiosi.

In particolare si segnala all’Ufficio di Presidenza che una normazione in tal senso è necessaria, soprattutto, a causa delle sostanziali denunce sull’utilizzazione monopolistica finora avutasi dei beni confiscati che da più parti d’Italia, dalla Liguria, alla Sicilia, passando per la Campania ed in particolare per l’agro-aversano, terra di origine del clan dei casalesi si è costretti quasi quotidianamente a dover lanciare, per cercare di segnalare alle autorità un maggiore controllo sugli utilizzatori dei beni confiscati a tutte le mafie.

Una gestione nazionale di tali beni e soprattutto del tutto finalizzata al miglioramento dei servizi primari che lo Stato deve fornire ai suoi cittadini ed, in particolare, ai cittadini maggiormente colpiti dai fenomeni mafiosi si rende oggi necessaria ed improcrastinabile.

Auspicando che tale petizione possa essere esaminata dalla Commissione competente ai sensi dell’art.109 del Regolamento della Camera dei deputati ed eventualmente abbinata ad un futuro progetto di legge presentato recante analogo contenuto, porgo i miei più cordiali saluti.

Carinaro, 25 ottobre 2010


                                                                                                                      dott. Luigi Cangiano

 
La superficialità di Saviano potrebbe costare cara alla casa editrice Einaudi che è stata diffidata dal Centro Giuseppe Impastato PDF Stampa E-mail

Ecco il testo integrale della lettera di diffida mandata ad Einaudi dal presidente del Centro Giuseppe Impastato, Umberto Santino. Ad essere contestata è la ricostruzione "superficiale" della riapertura delle indagini sull'assassinio di Peppino Impastato nel libro "La parola contro la camorra" di Roberto Saviano, in cui viene disconosciuto il ruolo del centro e delle lotte fatte negli ultimi trent'anni.

Palermo, lì 04.10.2010

Spett. leGiulio Einaudi Editore S.p.A.Sede legaleVia Umberto Biancamano n° 210100 Torino

Oggetto: diffida e atto di messa in mora. Rettifica libro La parola contro la camorra di Roberto Saviano, casa editrice Giulio Einaudi.

Ho ricevuto incarico dal dott. Umberto Santino, Presidente e legale rapp.te del Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” di Palermo – che unitamente a me sottoscrive la presente – per rappresentarVi che il libro in oggetto contiene affermazioni contrarie alla verità storica che ledono l’identità e l’immagine del suddetto Centro di ricerca e di studi, oltre che dei familiari di Giuseppe Impastato (la madre Felicia Bartolotta deceduta nel dicembre 2004, il fratello Giovanni e la cognata Felicia Vitale), assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 dalla mafia con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia nel territorio di Cinisi (PA) nel corso della campagna elettorale.

E, infatti, nel libro da Voi pubblicato La parola contro la camorra, l’autore Roberto Saviano, alle pagine 6-7 con riferimento all’assassinio di Impastato, ignorando del tutto il ruolo del Centro siciliano di documentazione “G. Impastato” nella ricostruzione della verità su tale delitto, le complesse e lunghe vicende che hanno condotto ai due processi di condanna dei mandanti dell’omicidio di Impastato, nonché il lavoro della Commissione parlamentare Antimafia, scrive: “Quando Impastato fu ucciso, l’opinione pubblica venne inconsapevolmente condizionata dalle dichiarazioni che provenivano da Cosa Nostra. Che si fosse suicidato in una sottospecie di attentato kamikaze per far saltare in aria un binario. Questa era la versione ufficiale, data anche dalle forze dell’ordine. Poi dopo più di vent’anni, nasce un film, I cento passi, che non solo recupera la memoria di Giuseppe Impastato – ormai conservata solo dai pochi amici, dal fratello e dalla mamma – ma addirittura la rende a tutti, come un dono. Un dono alla stato di diritto e alla giustizia. Questa memoria recuperata arriva a far riaprire un processo che si chiuderà con la condanna di Tano Badalamenti, all’epoca detenuto negli Stati Uniti. Un film riapre un processo. Un film dà dignità storica a un ragazzo che invece era stato rubricato come una specie di matto suicida, un terrorista”.

Ma, da un semplice esame cronologico dei seguenti fatti emerge:

A) il film “I cento passi” è stato presentato al Festival di Venezia il 31 agosto 2000 ed è uscito nelle sale solo nei mesi successivi;B) Già nel 1998 la Commissione Parlamentare Antimafia ha costituito un Comitato sul “Caso Impastato” e ha redatto una relazione che è stata approvata nel dicembre del 2000;C) le indagini (e non già il processo) sono state riaperte molto prima del film: il primo processo, quello con rito abbreviato contro Vito Palazzolo, è cominciato nel marzo del 1999 e si è concluso nel marzo del 2001 con la condanna a trent’anni di reclusione; l’altro, quello contro Gaetano Badalamenti, in videoconferenza si è aperto nel gennaio del 2000 e si è concluso nell’aprile del 2002 con la condanna all’ergastolo.

È, quindi, di tutta evidenza ed emerge dalla constatazione cronologica dei suddetti avvenimenti che la ricostruzione dei fatti operata dal Saviano è, quantomeno, grossolana e superficiale e disconosce ingiustamente l’attività e il ruolo culturale svolto dal Centro siciliano di documentazione “G. Impastato” che, all’indomani del delitto, ha supportato i familiari e i compagni della vittima e, con insistente impegno, ha contribuito alla riapertura delle indagini e alla ricostruzione storica del delitto e della sua matrice.

A riprova di ciò si dà una breve ricostruzione delle attività del Centro. Subito dopo il delitto, l’11 maggio 1978, il Centro con altri ha presentato un esposto alla Procura sostenendo che Impastato era stato ucciso dalla mafia e la mattina dello stesso giorno il dott. Umberto Santino, fondatore del Centro, ha organizzato un’assemblea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo e nel pomeriggio a Cinisi ha tenuto il comizio di chiusura della campagna elettorale, che doveva tenere Impastato, indicando il capomafia Gaetano Badalamenti come mandante dell’assassinio.Nel luglio del 1978 il Centro, attraverso il Comitato di controinformazione “Peppino Impastato”, costituitosi presso il Centro, ha pubblicato il bollettino 10 anni di lotta contro la mafia, ricostruendo l’attività culturale e politica di Impastato e ha sostenuto i familiari costituitisi parte civile nel novembre dello stesso anno. Il 6 novembre il sostituto procuratore Domenico Signorino trasmette gli atti all’Ufficio Istruzione per aprire un procedimento per omicidio premeditato ad opera di ignoti.Nel gennaio del 1979 il Centro ha sollecitato il partito Democrazia proletaria a costituirsi parte civile e successivamente ha presentato, assieme ai redattori di Radio Aut, la radio fondata da Impastato, un promemoria sull’andamento delle indagini, ribadendo la matrice mafiosa del delitto, e un esposto, in seguito al quale il consigliere istruttore Rocco Chinnici ha chiesto il sequestro delle pratiche del Comune di cui Impastato si era occupato. Nel maggio dello stesso anno, nel primo anniversario dell’assassinio di Impastato, ha organizzato a Cinisi una manifestazione nazionale contro la mafia, la prima della storia d’Italia.Negli anni successivi il Centro ha organizzato, assieme ai familiari e alcuni compagni di militanza, le iniziative per ricordare Impastato e in seguito all’ordinanza-sentenza del maggio 1984, predisposta dal consigliere Chinnici, assassinato il 29 luglio 1983, e completata dal suo successore Antonino Caponnetto, in cui si affermava la matrice mafiosa del delitto attribuendolo a ignoti, ha pubblicato il dossier Notissimi Ignoti e il libro La mafia in casa mia, con la storia di vita della madre di Impastato, che ha fatto riaprire ancora una volta le indagini. In seguito all’archiviazione disposta dal sostituto procuratore De Francisci (febbraio 1992) il Centro ha ribadito la responsabilità di Badalamenti e nel 1994 ha chiesto che venisse ascoltato il collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, della famiglia mafiosa di Badalamenti.La richiesta del Centro è stata accolta e nel febbraio del 1996 le indagini si sono riaperte. Si arriva così alla richiesta di rinvio a giudizio di Badalamenti e del suo vice Vito Palazzolo e ai processi con le condanne di entrambi come mandanti dell’omicidio.

Le affermazioni del Saviano, proprio perché contenute in un libro a larga diffusione, sono mortificanti e offensive per chi, come il predetto Centro siciliano di documentazione – totalmente autofinanziato e quindi senza mezzi pubblici né mediatici – ha dedicato tutta la vita alla lotta alla mafia e alla ricerca della verità sul delitto Impastato.

Quelle contenute nel libro in contestazione sono una falsa rappresentazione dei fatti che per onore della verità sono andati molto diversamente da quanto sostenuto dal Saviano.

Ed infatti:1) Ignora la storia il Saviano quando dice: “... Poi dopo più di vent’anni, nasce un film, I cento passi... Dimentica l’autore (consapevolmente?) più di vent’anni di lavoro del dott. Umberto Santino e del Centro di ricerca da lui diretto: le lotte, le manifestazioni all’indomani dell’assassinio nonché quelle annuali (ma non solo) organizzate per gli anniversari dell’assassinio dal Centro Impastato e dai familiari, i lavori di ricostruzione del delitto e le pubblicazioni del Centro Impastato; senza considerare che l’autore ha ignorato il lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia (stimolato peraltro dal predetto Centro di ricerca), il lavoro dei magistrati e degli avvocati dei familiari. Nessun film ha “riaperto” il processo. Senza il lavoro continuo e costante del Centro di ricerca diretto dal dott. Umberto Santino, con il prezioso e instancabile contributo quotidiano della dott.ssa Anna Puglisi, e dei familiari di Giuseppe Impastato, le indagini non si sarebbero riaperte.

2) La stessa imprecisione terminologica usata nel testo rivela la leggerezza con cui vengono rappresentati i fatti in questione: i processi non si riaprono, semmai si riaprono le indagini! E nella fattispecie, grazie al lavoro del Centro siciliano di documentazione (dei familiari assistiti dagli avvocati e, ovviamente, del pubblico ministero), sono state riaperte (molto prima del film in questione!) le indagini (e non già un processo!) che hanno condotto a due processi (e non uno come invece sostenuto nel libro). Si ripete: il processo con rito abbreviato contro Vito Palazzolo è cominciato nel 1999 e si è concluso nel marzo 2001 con la condanna a trent’anni del Palazzolo; quello contro Gaetano Badalamenti si è aperto in videoconferenza a gennaio 2000 e si è concluso nell’aprile del 2002 con la condanna all’ergastolo dell’imputato. Il film, invece, è uscito nelle sale cinematografiche solo negli ultimi mesi del 2000!

3) L’autore ignora anche il lavoro svolto dalla Commissione parlamentare antimafia. Nell’ottobre 1998, infatti, su richiesta dei commissari di Rifondazione Comunista, la suindicata Commissione ha costituito un Comitato di lavoro sul “Caso Impastato” e, con la collaborazione del Centro siciliano di documentazione “G. Impastato”, dei familiari e dei compagni ha redatto, dopo due anni di intenso lavoro ed audizioni, una relazione che è stata approvata nel dicembre 2000. Relazione che il Centro siciliano di documentazione “G. Impastato” ha fatto pubblicare nel libro Peppino Impastato. Anatomia di un depistaggio (Editori Riuniti Roma 2001, 2006).

È di tutta evidenza che l’autore rappresenta in modo falso e con estrema superficialità i fatti, mitizzando il film.

4) “... Un film dà dignità storica a un ragazzo che invece era stato rubricato come una specie di matto suicida, un terrorista”: chi studia con serietà i fatti come sopra rappresentati, anche attraverso le pubblicazioni del Centro di documentazione e gli atti dei due processi ai mandanti, sa che la dignità di Giuseppe Impastato è stata salvaguardata proprio dal Centro di documentazione e dal Suo presidente, dott. Umberto Santino, che unitamente ai compagni e ai familiari, già all’indomani del delitto ha affermato ad alta voce e pubblicamente la matrice mafiosa del delitto voluto e organizzato dalla mafia di Cinisi a causa dell’attività politico-culturale svolta da Giuseppe Impastato in quel territorio.

È palese, a questo punto, la violazione del principio della verità storica che grava su chi fa o assume di fare informazione e pubblica notizie. Senza considerare che un testo come quello in questione è destinato a circolare in numerosissime copie e a divulgare una falsa rappresentazione dei fatti.

Non solo, ma il libro viola l’identità personale e l’immagine del Centro siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” quale soggetto che, sin dal 1977, è impegnato a lottare la mafia sul territorio e che ha avuto un ruolo essenziale nella ricostruzione dei fatti relativi all’omicidio dell’Impastato, tant’è che ne porta dal 1980 il nome!

Si invita e diffida, pertanto, l’editore a rettificare quanto contenuto nelle pagine 6 e 7 del libro in questione, a ritirare dal commercio l’edizione in corso di distribuzione e a rettificare le edizioni successive tenendo conto delle sopra riportate notizie.

In mancanza, sarò costretto ad agire in giudizio per la tutela delle ragioni tutte – anche risarcitorie – del mio cliente, con conseguente aggravio a Vostro carico anche per spese legali, interessi e risarcimento danni come per legge.

Distinti saluti

dott. Umberto Santino(n.q. Presidente del Centro siciliano didocumentazione “G. Impastato”)

(Avv. Pietro Spalla)

(Avv. Antonina Palazzotto)

 
Il Pacifista Vittorio Arrigoni distrugge completamente Roberto Saviano! PDF Stampa E-mail
Scritto da Luigi Cangiano   
Domenica 17 Ottobre 2010 18:01

Documento straordinario del pacifista Vittorio Arrigoni torturato in carceri israeliane

e non soggetto unicamente a pseuo-minacce da parte di clan camorristici, fatti tutti da verificare

ma in base ai quali Saviano gira il mondo a nostre spese con la scorta.

Distrugge completamente Roberto Saviano sulle stupidaggini da egli dette nel corso

di una manifestazione sionista.

Saviano parla di ciò che conosci non continuare a sparare nel mucchio, a sparare nel

mucchio sono buoni tutti!

 

Saviano si è andato a fare due bagni a Tel Aviv, che pretendete di più da lui, lui pensa d'istinto,

scrive di istinto, gli basta un giorno e capisce tutto. Solo che stavolta l'operazione non gli è andata

bene e Vittorio Arrigoni lo ha da distrutto culturalmente con questo video.

Dovrebbe vergognarsi e non dovrebbe essere mandato in onda prossimamente sulla Rai,

nel suo prossimo programma "spettacolino" con Fabio Fazio. VERGOGNA!

 

 

 

Ultimo aggiornamento Domenica 17 Ottobre 2010 18:31
 
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