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In che modo il Covid 19 entra in stretto rapporto con l'apparato respiratorio? PDF Stampa E-mail
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In che modo il Covid 19 entra in stretto rapporto con l'apparato respiratorio?

 

Come nell’arte della guerra, per poter sconfiggere il nemico è fondamentale conoscere:

com’è fatto il virus SARS-CoV-2, qual è la sua forma? Come infetta le cellule umane? Come

cresce, replica e si sviluppa nelle cellule ospite? Di che cosa ha bisogno per sopravvivere?

Rispondere a tali domande fornisce le armi, le informazioni chiave a cui i ricercatori

ambiscono per sviluppare vaccini e farmaci antivirali sicuri ed efficaci.

L’infezione alla luce della biologia

Nel dicembre del 2019, le autorità Cinesi hanno dichiarato al mondo che un virus si stava

diffondendo nei loro territori. Nei mesi successivi si è diffuso in altri paesi, duplicando il

numero di infezioni ogni giorno. Questo virus è il Coronavirus 2 della Sindrome Respiratoria

Acuta Grave (SARS-CoV-2) che causa la malattia chiamata "Covid-19" e che tutti chiamano

semplicemente "Coronavirus", denominata così per la presenza di una sorta di corona di

spine (proteine spike) sulla superficie del virus e ampiamente collegata al nostro apparato

respiratorio. A proposito di quest’ultimo, possiamo descrivere l'apparato respiratorio come

l'insieme degli organi che permettono al corpo umano di assorbire ossigeno ed espellere

anidride carbonica: l'ossigeno è il gas incolore ed inodore che compone circa un quinto

dell'area intorno a noi, si tratta di una sostanza fondamentale per il funzionamento del

nostro organismo; l'anidride carbonica è invece il gas di scarto prodotto dai processi chimici

all'interno delle cellule. L'aria, carica di ossigeno, entra nel corpo dal naso e, in misura

minore, dalla bocca. Successivamente attraversa due canali, chiamati faringe e laringe,

scendendo quindi lungo un grosso condotto, la trachea. All'altezza del torace, la trachea si

divide in due biforcazioni: i bronchi, a loro volta diramati in numerosi canali più stretti, ossia

i bronchioli. I bronchi portano ossigeno a due grandi organi spugnosi di forma conica,

chiamati polmoni, situati all'interno del torace: ogni polmone è formato da circa 300 milioni

di piccole sacche, dette alveoli polmonari, all'interno delle quali l'ossigeno viene ceduto al

sangue, che lo porterà ad ogni cellula del corpo. Il polmone destro è più grande del sinistro

ed è diviso in tre lobi, mentre il sinistro in due. Essi sono avvolti da una membrana protettiva

chiamata pleura; tra polmoni e pleura scorre un liquido lubrificante che permette ai polmoni

di dilatarsi senza attrito contro la gabbia toracica. I polmoni sono organi passivi perché non

hanno muscoli, quindi non possono muoversi da soli. Responsabili dell'atto respiratorio sono

i muscoli che avvolgono i polmoni, più importante tra i quali è il diaframma, situato

all'altezza del petto. L'ossigeno viene utilizzato dalle cellule che rilasciano anidride carbonica,

inutile per il corpo umano, quindi da espellere; in questo caso, è il sangue che porta

l’anidride carbonica ai polmoni, per questo il sistema respiratorio è anche collegato a quello

circolatorio: nei polmoni, l'aria, carica di anidride carbonica, viene pompata fino al naso e

alla bocca, dove viene successivamente espulsa. L'atto di far entrare l'ossigeno nel corpo si

chiama inspirazione, mentre l'atto di farlo uscire si chiama espirazione; la sequenza di

un'ispirazione e di un'espirazione si chiama, appunto, atto respiratorio: in condizioni

normali, un essere umano compie circa 15 atti respiratori al minuto. Molti popoli antichi

riconoscevano nel respiro il "soffio vitale", l'essenza stessa della vita: il primo che si avvicinò

alla comprensione scientifica del meccanismo respiratorio fu il medico Galeno di Pergamo,

uno studioso greco del II secolo. Secondo le sue teorie, la respirazione ha lo scopo di

trasportare fino al cuore un'essenza vitale, che Galeno chiama "Pneuma". Bisogna tuttavia

aspettare il 1628 perché il medico inglese William Harvey descriva con esattezza la

circolazione del sangue; gli studi di Harvey aprono la strada ad una conoscenza corretta della

respirazione. Per quanto riguarda il suo legame con il coronavirus, prima di parlare nello

specifico di questa malattia risulta necessario chiedersi cosa sia un virus. Negli anni 50’

questa domanda fu rivolta ad un grande scienziato, André Lwoff, e lui rispose che non è

facile definirlo esattamente; parliamo di uno degli organismi più semplici che noi possiamo

conoscere, questa semplicità rappresenta un suo grande punto di forza, ma rappresenta

anche una qualche debolezza che noi possiamo sfruttare per combatterlo. Tutti i virus hanno

due cose in comune: sono organismi molto semplici e hanno tutti bisogno di un altro

organismo per potersi riprodurre e propagare. Il virus è un parassita obbligato: esso sa che

dovrà aspettare qualche cellula per poter riprodurre tantissime copie di se stesso che poi

faranno la stessa cosa. Questa è già una grande differenza con i batteri, organismi

completamente diversi in quanto in grado di condurre una vita indipendente: un batterio, a

differenza di un virus, ha tutto quello che gli serve per poter vivere in autonomia. Un virus

può essere considerato come nient’altro che una scatolina di materiale organico che contiene

del materiale genetico al suo interno, quindi esso non è altro che un involucro molto

semplice con pochissime componenti (tipicamente dalle tre alle cinque componenti diverse)

che racchiude l'informazione genetica, il file da trasferire nelle cellule da infettare. Tale

informazione genetica può essere trascritta in DNA oppure in un'altra molecola simile,

chiamata RNA: nel caso del coronavirus parliamo di RNA, che trasporta l’informazione

genetica. Lo scopo del virus è quello di inserire il materiale genetico all'interno delle cellule

dell'ospite da infettare e usare queste cellule come macchinario per produrre copie delle

particelle virali (virus), in modo tale da uscire dalla cellula e infettare altre. Per quanto

riguarda il coronavirus proseguiamo con il dire che, per il contagio, il virus può essere

trasmesso attraverso la saliva e altri fluidi emessi con tosse e starnuti, proprio come avviene

per il raffreddore. Il virus sopravvive per poco tempo fuori dall'organismo, ma il rischio di

contagio sussiste se si entra in contatto in breve tempo con un oggetto contaminato da una

persona ammalata; questo significa che possiamo acquistare oggetti provenienti dalla Cina,

poiché il lungo viaggio ha ormai ucciso il virus. Il nuovo coronavirus si trasmette da uomo a

uomo ed ha un periodo di incubazione di 10-14 giorni. I sintomi del nuovo coronavirus sono

simili a quelli dell'influenza: febbre, tosse, difficoltà respiratorie, dolori muscolari,

confusione e mal di testa, che possono a loro volta portare a polmonite, sindrome

respiratoria acuta grave, e morte nei casi più gravi e nei soggetti con sistema immunitario

indebolito, anziani e neonati. Attualmente non esiste una cura specifica, ma i pazienti

vengono trattati in base ai sintomi, quindi con antinfiammatori analgesici e farmaci affini. Il

virus contiene internamente il materiale genetico in cui risiedono le informazioni per

produrre molte copie di se stesso, attraverso un processo chiamato “replicazione”. Un guscio

proteico (capside) fornisce una forte protezione per il materiale genetico, poiché il virus

viaggia attraverso le persone che infetta. La membrana più esterna consente al virus di

infettare le cellule interagendo con essa. Dalla superficie del virus sporgono le proteine

“spike” (“spuntone”); sia i tipici virus influenzali che il nuovo Coronavirus utilizzano i loro

spike come una chiave per entrare nella cellula ospite, dove sfruttano i meccanismi di

riproduzione per costruire i componenti dei nuovi virus. Un tipico virus influenzale

viaggerebbe rivestito dalla membrana della cellula ospite verso il nucleo che contiene il

materiale genetico, il Coronavirus invece non ha bisogno del nucleo ma accede direttamente

a componenti cellulari detti ribosomi. Questi ultimi utilizzano le informazioni genetiche del

virus per costruire le proteine virali, come le spike della superficie del virus. Una struttura di

imballaggio della cellula ospite (Apparato di Golgi), trasporta le spike in vescicole che si

fondono con lo strato esterno della membrana della cellula ospite, e tutte le parti necessarie

per creare un nuovo virus si accumulano sotto la sua membrana. Partendo da ciò si

sviluppano i sintomi della polmonite; come abbiamo detto, normalmente quando si respira

l'aria passa dalla trachea ai bronchi, poi ai bronchioli fino ad arrivare a piccoli sacchetti, gli

alveoli, questi sono flessibili e, quando si respira, si comportano come piccoli palloncini: si

riempiono di aria quando si inspira e si sgonfiano quando si espira. Piccoli vasi sanguigni,

detti capillari, circondano gli alveoli. L'ossigeno presente nell'aria inspirata passa dagli

alveoli ai capillari, mentre l’anidride carbonica del corpo passa dai capillari agli alveoli, che i

polmoni possono eliminare con l'espirazione. Le vie respiratorie catturano la maggior parte

dei germi nel muco che riveste trachea, bronchi e bronchioli. In un soggetto sano, le ciglia

rivestono l'interno delle vie aeree e spingono costantemente il muco e i germi verso l'esterno

mediante la tosse. Quando una persona infettata parla, tossisce o starnutisce, le goccioline

che trasportano il virus possono raggiungere la nostra bocca, il naso, e arrivare ai polmoni, in

quanto, una volta entrato nell'organismo, il virus entra in contatto con le loro cellule. A

questo punto uno spike del virus si inserisce in un recettore di membrana della cellula sana

come una chiave nella serratura: questa azione consente al virus di entrare nella cellula

ospite. Il recettore specifico che permette l'entrata del coronavirus, serve nella vita di tutti i

giorni a captare un enzima denominato “angiotensina II”; enzima e recettore normalmente

fanno parte di un sistema che regola ritmo cardiaco e la pressione, ma qui invece svolgono il

ruolo di porta di entrata del coronavirus.

Il virus inizia così l'infezione, prendendo un passaggio verso l'interno del corpo: le

destinazioni sono l'intestino, la milza o i polmoni, dove può avere gli effetti più devastanti;

anche solo una manciata di coronavirus possono causare una situazione drammatica. Il

coronavirus si connette ad un recettore specifico sulle membrane della vittima per assumere

il controllo ed iniettare il suo materiale genetico. La cellula, ignorante di quello che sta

succedendo, esegue le nuove istruzioni, che sono molto semplici: "copiare" e "riassemblare".

Si riempie con sempre più copie del virus originale fino a quando non raggiunge un punto

critico e riceve un ordine finale: autodistruzione. La cellula si scioglie rilasciando nuove

particelle di coronavirus pronte ad attaccare altre cellule. Il numero di cellule cresce

esponenzialmente; dopo circa dieci giorni milioni di cellule sono state infettate e miliardi di

virus infestano i polmoni. A questo punto il virus non ha ancora causato gravi danni, ma il

coronavirus sta per rilasciare una vera bestia: il sistema immunitario. Quest’ultimo, anche se

dovrebbe proteggerci, può risultare abbastanza pericoloso e necessita di essere strettamente

regolato. Così come le cellule immunitarie si riversano nei polmoni per combattere il virus, il

coronavirus infetta alcune di loro creando confusione.

Le cellule non hanno né occhi né orecchie, e comunicano principalmente attraverso piccole

proteine di comunicazione, chiamate “citochine”; quasi tutte le risposte immunitarie sono

controllate da loro. Il coronavirus fa reagire troppo le cellule immunitarie infette, facendole

urlare: "omicidio!"; a tal punto il sistema immunitario viene messo in uno stato di frenesia

combattiva e manda molti più soldati di quelli che dovrebbe, sprecando risorse e causando

danni. Due cellule in particolare causano il pandemonio: in primis i neutrofili, i quali sono

eccellenti ad uccidere materiali, incluse le nostre cellule e, come ne arrivano migliaia,

iniziano a rilasciare enzimi che distruggono tanti amici quanti nemici; le altre cellule

essenziali che vanno in frenesia sono le cellule killer T, le quali tendono a ordinare alle altre

cellule di commettere “suicidio programmato”: confuse come sono, esse iniziano ad ordinare

anche alle cellule sane di uccidersi. Più cellule immunitarie arrivano, più danni causano e più

tessuto polmonare sano uccidono. Ciò può diventare così grave da causare danni

permanenti, che possono portare alla disabilità a vita. Nel maggiore dei casi, il sistema

immunitario riprende lentamente il controllo: uccide le cellule infette, intercetta il virus

mentre tenta di infettare nuove cellule e pulisce il campo di battaglia. È qui che inizia il

recupero.

La maggior parte delle persone infette dal coronavirus se la cavano con sintomi

relativamente innocui, ma molti casi diventano gravi, o addirittura critici; nei casi più gravi

milioni di cellule epiteliali sono morte, e con loro lo strato protettivo dei polmoni. Questo

significa che gli alveoli possono essere infettate da batteri, che usualmente non sono un

grosso problema. I pazienti contraggono polmonite, la respirazione diventa difficile o

addirittura smette, e i pazienti necessitano di ventilatori per sopravvivere. Il sistema

immunitario ha combattuto al massimo per settimane e ha creato milioni di cellule antivirali,

e mentre milioni di batteri si moltiplicano rapidamente viene sopraffatto; le cellule virali

entrano nel sangue e prendono controllo del corpo. Se questo succede la morte è molto

probabile. Normalmente, le cellule del sistema immunitario attaccano i virus e i batteri

penetrati nelle vie aeree: se il sistema immunitario è indebolito, come nel caso di infezione

da coronavirus, il virus può prendere il sopravvento sulle cellule del sistema immunitario e

portare all’infiammazione di bronchioli e di alveoli, in quanto il sistema immunitario cerca di

attaccare la moltitudine dei virus penetrati. L'infiammazione può riempire gli alveoli di

liquido, rendendo complicata l'assunzione di ossigeno. Si sviluppa quindi una polmonite

profonda, se è coinvolto soltanto il lobo polmonare, o una broncopolmonite, che coinvolge

molte aree di entrambi i polmoni. La polmonite può causare difficoltà respiratorie, dolore al

petto, tosse, febbre, brividi, confusione, mal di testa, dolore muscolare, affaticamento, ma

può portare anche a complicazioni più serie. L'insufficienza respiratoria sopraggiunge

quando diventa così difficile respirare da essere necessario l'uso di un ventilatore meccanico

che aiuti la respirazione; queste sono apparecchiature salva-vita che le aziende medicali

stanno affrettandosi a produrre e iniettare. Lo sviluppo o meno dei sintomi dipende da

molteplici fattori, fra questi l'età e il grado di salute. Tutta la comunità scientifica ha lavorato

operosamente alla produzione dei vaccini, sulla base degli studi di altri coronavirus che

suggeriscono che chi ha contratto il SARS-CoV-2 viene protetto da una re-infezione per un

certo periodo di tempo; tale presupposto deve essere sostenuto da evidenze empiriche, ma

alcuni studi suggeriscono il contrario. Il vaccino espone l'organismo al virus, che è troppo

debole per causare l'infezione, ma abbastanza forte per stimolare una risposta immunitaria.

Entro poche settimane, le cellule del sistema immunitario produrrebbero gli anticorpi

specifici per il coronavirus e, in particolare, per la sua proteina spike. Gli anticorpi si

attaccano al virus impedendone il legame con le cellule. Il sistema immunitario risponde ai

segnali ricevuti dagli anticorpi distruggendo gli ammassi di virus. Se in una fase successiva si

dovesse venire a contatto col virus, l'organismo subito lo riconoscerebbe e distruggerebbe: in

altre parole, il sistema immunitario è pronto a proteggerci efficacemente. È stata una corsa

contro il tempo sviluppare un vaccino in mezzo ad un'epidemia; ogni passo verso lo sviluppo

di un vaccino richiede di solito mesi, se non anni: il vaccino per l'Ebola ha battuto tutti i

record, richiedendo 5 anni.Il coronavirus è spesso comparato all'influenza, ma in realtà è

molto più pericoloso. Mentre la mortalità è difficile da stabilire quando una pandemia sta

avvenendo, sappiamo per certo che è molto più contagioso e si dilaga più velocemente

dell'influenza. In una pandemia veloce come quella di coronavirus, molte persone si

ammalano contemporaneamente; se il numero diventa troppo grande, il sistema sanitario

diventa incapace di gestirlo. Non ci sono abbastanza risorse, come personale medico, o

equipaggiamenti, come ventilatori, rimasti per aiutare tutti. Molte persone muoiono non

trattate e, come molti agenti sanitari si ammalano a loro volta, la capacità del sistema

sanitario diminuisce ancora di più. Il numero di morti aumenta in modo significativo in uno

scenario simile. Per evitare ulteriori sconvolgimenti, il mondo deve fare tutto quello che può

per rendere questa una pandemia più lenta. Siccome non tutti siamo ancora a disposizione di

un vaccino per il coronavirus, dobbiamo ingegnerizzare il nostro comportamento sociale in

modo da agire come un “vaccino sociale”. Questo semplicemente significa due cose: 1. Non

infettarsi; e 2. Non infettare gli altri. Anche se sembra banale, la miglior cosa che si possa

fare è quella di lavarsi le mani: il sapone è in realtà uno strumento molto potente, in quanto

il coronavirus è rinchiuso in quello che è fondamentalmente uno strato di grasso; il sapone

rompe questo strato di grasso e fa in modo che non possa infettarci. Inoltre, rende le mani

scivolose e, con il loro movimento meccanico, il virus viene portato via. Per farlo al meglio,

bisognerebbe lavarsi le mani come se si avesse appena tagliato qualche jalapeños e ci si

vorrebbe mettere subito dopo delle lenti a contatto. La prossima cosa è quella della distanza

sociale, che non è una bella esperienza, ma una cosa utile da fare, ciò significa: niente

abbracci, niente strette di mano. Se si può stare a casa, bisognerebbe restarci per proteggere

chiunque debba stare fuori a servire la società: dai dottori, alle cassiere, ai poliziotti; noi

dipendiamo da tutti loro e loro dipendono dal fatto che noi non ci ammaliamo. La

quarantena non è una bella avventura, e certamente non qualcosa di popolare, ma ci fa

guadagnare, specialmente ai ricercatori che lavorano ai farmaci e ai vaccini, tempo cruciale.

Così, se siamo sotto uno stato di quarantena, dovremmo comprendere e rispettarne il

motivo. Nulla di tutto ciò è divertente, ma guardando al quadro generale, è realmente un

piccolo prezzo da pagare. In questo momento è tutto nelle nostre mani, letteralmente e

metaforicamente.

Marika Cangiano